Visualizzazione post con etichetta affitti. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta affitti. Mostra tutti i post

sabato 4 gennaio 2014

Affitti: vale solo l'importo scritto sul contratto registrato!


La scrittura privata tra inquilino e proprietario per fissare il canone reale d'affitto – differenziandolo da quello registrato – è un comportamento elusivo della pretesa fiscale e che rientra a pieno titolo nell'abuso del diritto.
Pertanto l'accordo "sottobanco" non può essere considerato «ammissibile e lecito» e neppure può essere sanato con una tardiva registrazione; inoltre l'imposta di registro va pagata in rapporto al contratto fiscalmente valido e il proprietario non può pretendere un affitto superiore a quanto è previsto nell'accordo comunicato al Fisco. Con un'articolata ordinanza interlocutoria (37/14) la Terza civile della Cassazione torna sulla vexata quaestio della validità degli accordi privati tra locatore e conduttore di immobili, per chiedere alle Sezioni Unite di aggiornare definitivamente la giurisprudenza su un tema impervio e molto scivoloso.
Il fatto da cui parte la Terza sezione è un normale quanto frequente contenzioso di sfratto per morosità, dopo che le parti avevano stipulato un contratto "base" per un villino alle porte di Roma (378,35 euro mese) e un accordo integrativo che portava il canone a 1.700 euro, spese comprese.

giovedì 15 agosto 2013

I canoni non percepiti vanno dichiarati e tassati



La Cassazione, fornendo, con sentenza n. 11158/2013, un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 26 (ex 23), comma 1 del TUIR, nel solco del proprio prevalente indirizzo ispirato da una precedente pronuncia della Corte Costituzionale, ha riaffermato che la mancata percezione dei canoni, a causa della morosità del conduttore, non ne impedisce l’assoggettamento alle imposte sui redditi fintanto che non sia intervenuta la risoluzione del contratto di locazione. La decisione dei giudici di legittimità merita di essere segnalata perché consolida il proprio orientamento e rende tale principio “diritto vivente”.
Il comma 1 dell’art. 26 del TUIR stabilisce – come è noto – che i redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, salvo quanto previsto per l’imputazione del reddito agrario, per il periodo di imposta in cui si è verificato il possesso di terreni e/o fabbricati. I redditi derivanti da contratti di locazione di fabbricati abitativi, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore, mentre per le imposte versate sui canoni scaduti e non percepiti, come da accertamento avvenuto nell’ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità, è riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare.


domenica 10 luglio 2011

Cedolare secca sugli affitti



E’ stata introdotta a partire dal 2011 la "cedolare secca sugli affitti". Si tratta di un’imposta che sostituisce quelle attualmente dovute sulle locazioni (articolo 3 del dlgs 23/2011). E’ un regime facoltativo e si applica in alternativa a quello ordinario.
La cedolare secca, in pratica, sostituisce:
- l’Irpef e le relative addizionali;
- l’imposta di registro;
- l’imposta di bollo.
E ancora:
- l’imposta di registro sulle risoluzioni e proroghe del contratto di locazione;
- l’imposta di bollo, se dovuta, sulle risoluzioni e proroghe del contratto.
Possono optare per il regime della cedolare secca le persone fisiche titolari del diritto di proprietà o del diritto reale di godimento (per esempio, usufrutto) su unità immobiliari abitative locate. L’opzione non può essere effettuata nell’esercizio di attività di impresa o di arti e professioni. Non possono aderire al nuovo regime neppure le società e gli enti non commerciali.
In caso di contitolarità dell’immobile l’opzione deve essere esercitata distintamente da ciascun locatore. I locatori contitolari che non esercitano l’opzione sono tenuti al versamento dell’imposta di registro calcolata sulla parte del canone di locazione loro imputabile in base alle quote di possesso. Deve essere comunque versata l’imposta di bollo sul contratto di locazione. L’imposta di registro deve essere versata per l’intero importo stabilito nei casi in cui la norma fissa l’ammontare minimo dell’imposta dovuta.
L’opzione può essere esercitata in relazione a ciascuna unità immobiliare ad uso abitativo e alle relative pertinenze locate congiuntamente all’abitazione.
Sono interessate, quindi, soltanto:
- le unità abitative accatastate nelle categorie da A1 a A11 esclusa l’A10 (uffici o studi privati);
- le relative pertinenze (solo se locate congiuntamente all’abitazione).
La nuova tassazione sostitutiva non si applica agli immobili strumentali o relativi all’attività di impresa o di arti e professioni.
Il locatore (proprietario) che decide di avvalersi del nuovo regime deve darne comunicazione al conduttore (affittuario).
La comunicazione va effettuata con raccomandata e deve contenere la rinuncia alla facoltà di chiedere, per tutta la durata dell’opzione, l’aggiornamento del canone di locazione, anche se è previsto nel contratto, inclusa la variazione accertata dall’Istat dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati dell’anno precedente.
L’ importo della nuova imposta (“cedolare secca”) si calcola applicando un’aliquota del 21% sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti.
E’ stata introdotta, inoltre, un’aliquota ridotta del 19% per i contratti di locazione a canone concordato relativi ad abitazioni ubicate:
- nei comuni con carenze di disponibilità abitative (articolo 1, lettera a) e b) del dl 551/1988). Si tratta, in pratica, dei comuni di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia e dei comuni confinanti con gli stessi nonché gli altri comuni capoluogo di provincia
- nei comuni ad alta tensione abitativa (individuati dal Cipe).
La cedolare deve essere versata entro il termine stabilito per il versamento Irpef (acconto e saldo).
Per il 2011, l’acconto deve essere versato nella misura dell’85% e, a partire dal 2012, nella misura del 95%.
Il versamento dell’acconto deve essere effettuato con gli stessi criteri di versamento dell’acconto Irpef, e quindi in un’unica soluzione, entro il 30 novembre 2011, se l’importo è inferiore a euro 257,52. Se l’importo dovuto è superiore a euro 257,52, si versa in due rate, di cui:
- la prima, del 40%, entro il 6 luglio 2011 oppure entro il 5 agosto 2011 con la maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse
- la seconda, del restante 60%, entro il 30 novembre 2011.
In particolare:
- Il primo acconto da versare entro il 6 luglio è dovuto per i contratti in corso al 31 maggio e non è dovuto per i contratti che decorrono dal 1° giugno
- l’acconto da versare entro il 30 novembre è dovuto per i contratti che decorrono tra il 1° giugno e il 31 ottobre 2011.
L’acconto non deve essere versato per i contratti con decorrenza dal 1° novembre 2011.
A partire dal 2012 l’acconto (pari al 95%) potrà essere calcolato anche con il metodo storico, sulla cedolare secca dell’anno precedente.
Chi intende avvalersi del regime della cedolare secca può esercitare l’opzione in sede di registrazione del contratto compilando il modello semplificato Siria oppure il modello 69.
L’opzione vincola il locatore all’applicazione del regime della cedolare secca per l’intero periodo di durata del contratto o della proroga o per il residuo periodo nei casi in cui l’opzione viene esercitata per le annualità successive.
Il locatore ha la facoltà di revocare l’opzione durante ciascuna annualità contrattuale successiva a quella in cui è stata esercitata l’opzione.
La revoca deve essere effettuata entro il termine previsto per il pagamento dell’imposta di registro relativa all’annualità di riferimento e obbliga al versamento della stessa imposta.
Resta salva la facoltà di esercitare l’opzione nelle annualità successive.
Il reddito assoggettato a cedolare:
- è escluso dal reddito complessivo
- sul reddito assoggettato a cedolare e sulla cedolare stessa non possono essere fatti valere rispettivamente oneri deducibili e detrazioni
- il reddito assoggettato a cedolare deve essere compreso nel reddito ai fini del riconoscimento della spettanza o della determinazione di deduzioni, detrazioni o benefici di qualsiasi titolo collegati al possesso di requisiti reddituali (determinazione dell’Isee, determinazione del reddito per essere considerato a carico).

giovedì 10 marzo 2011

Spese di manutenzione su beni immobili in locazione



Generalmente nei contratti di locazione di beni immobili è previsto che le spese di piccola manutenzione siano a carico del conduttore, mentre tutte le altre solitamente rimangano a carico del locatore.
Tuttavia, le parti possono convenire di porre a carico del locatore anche le spese di ordinaria amministrazione.
Dal punto di vista contabile occorre fare una distinzione netta tra spese ordinarie e straordinarie.
Le spese ordinarie, sono tutte quelle di ruotine e relative alle piccole riparazioni, sostituzione di pezzi soggetti ad usura, tinteggiatura di locali, ecc. Sono costi di esercizio che in bilancio vanno classificati per natura. Se l’impresa fa ricorso ad appalti, il costo confluisce nella voce B.7 del Conto economico (Costi per servizi). Se si ricorre a manutenzione con l’ausilio delle strutture interne, il costo va classificato per natura e, quindi, i costi per materiali affluiscono in B.6 del conto economico (costi per materie prime, cc.), in B8 (costi per godimento di beni di terzi), i costi del personale dedito esclusivamente alle manutenzioni ovvero impiegato in detta attività in maniera occasione affluiscono in B.9 del conto economico (costi per il personale), altri costi eventualmente in B.14 (Oneri diversi di gestione).
Le spese di manutenzione straordinaria, sono quelle che si traducono in un aumento significativo e tangibile della produttività, della sicurezza e della vita utile del bene. Se esse fossero sostenute per beni propri, le spese andrebbero capitalizzate ad incremento del valore dei beni cui fanno riferimento (capitalizzazione nello stato patrimoniale) e, pertanto, sarebbero ammortizzate congiuntamente al costo del bene oggetto di manutenzione. Ciò, sempre che nel contratto non sia previsto qualcosa di diverso.
Nel caso in cui le spese siano a carico dell’utilizzatore, premesso che non è iscritto in bilancio un bene su cui operare la capitalizzazione, le spese di manutenzione e riparazione straordinaria relative a beni di terzi devono essere capitalizzate secondo le regole previste dal Principio contabile n. 16 e Principio contabile n. 24.
La capitalizzazione avviene:
- tra le immobilizzazioni materiali, quando la manutenzione porta ad eseguire migliorie identificabili e separabili dal bene cui si riferiscono al termine del contratto. In questi casi le spese confluiscono nella specifica categoria di appartenenza dell’immobilizzazione. In sostanza, si rileva un vero e proprio bene che sarà trattato come tale. Classico è l’esempio degli impianti di condizionamento;
- tra le immobilizzazioni immateriali (o meglio tra le spese pluriennali), nel momento in cui migliorie non sono autonomamente identificabili né separabili al termine del contratto. Può essere il caso ad esempio del rifacimento del tetto posto a carico del locatario nel contratto di locazione di un immobile. Circa l’esposizione in bilancio, la classificazione delle spese straordinarie avviene, in base al principio contabile OIC n. 24, alla voce B.I.7 “Altre immobilizzazioni immateriali” di Stato patrimoniale.
Esiste tuttavia, una diversa interpretazione che trova il suo fondamento nella norma di comportamento n. 119 del 1993 dell’Associazione dei dottori commerciali (ADC). In base a tale norma, le spese straordinarie vanno classificate alla voce B.I.1 “Costi di impianto e di ampliamento”.
Gli effetti dell’una o dell’altra metodologia non sono neutri.
Seguendo l’orientamento ADC, la classificazione tra i “Costi di impianto e ampliamento” impone che vengano rispettate le regole imposte dal codice civile per tale voce:
- l’ammortamento deve essere effettuato in un periodo non superiore a 5 anni;
- il divieto di distribuire dividendi se utili e riserve presenti in bilancio non coprono il valore residuo da ammortizzare.
Se si utilizza la classificazione proposta dal principio contabile, le spese pluriennali devono essere ammortizzate in un periodo pari al minore tra quello di utilità delle spese stesse e quello del diritto di godimento del bene di terzi (durata residua della locazione) tenendo conto anche dell’eventuale periodo di rinnovo del contratto, se dipendente dalla volontà del conduttore.
Ai fini IRES, per le spese di manutenzione ordinarie manca nel TUIR una disposizione specifica dato che, trattandosi di beni non di proprietà, non trova applicazione la disciplina di cui all’art. 102, c. 6, TUIR. Pertanto le manutenzioni ordinarie su beni di terzi sono interamente deducibili nell’esercizio di competenza così come confermato anche dalla RM 9/543 del 8.2.1979.
Anche per le spese di manutenzione straordinarie su beni di terzi, manca nel TUIR una disposizione specifica. L’Amministrazione finanziaria, a più riprese, ha sostenuto che ai fini fiscali valgono gli stessi criteri di ammortamento adottati ai fini civilistici. In caso di classificazione in B.I.7, occorre far riferimento all’art. 108, c. 3, TUIR, che ne prevede la deducibilità “nel limite della quota imputabile (quota di ammortamento) a ciascun esercizio”. In tal senso la Ris. N. 9/2980 del 10/7/1982 e Circ. 27/E del 31/5/2006.
Ai fini IRAP non vi sono particolari vincoli per la deduzione. La deducibilità fiscale delle spese segue le regole di imputazione delle spese in bilancio. In sostanza: se le spese sono ammortizzate, la quota di ammortamento di bilancio è deducibile; se le spese sono imputate al conto economico, il costo è deducibile.

giovedì 25 febbraio 2010

Contratti di locazione - Registrazione e versamento



Il 2 Marzo i titolari di contratti di locazione dovranno provvedere al versamento dell'imposta di registro sui contratti di locazione nuovi o la cui annualità decorre dal 1° febbraio.
I contratti di locazione, dopo il versamento dell'imposta autoliquidata, devono essere registrati entro 30 giorni dalla data degli atti.
A meno che non si ricorra alla registrazione telematica , prima di presentare alla registrazione i contratti di locazione occorre calcolare l'imposta dovuta e versarla presso qualsiasi concessionario della riscossione, banca o ufficio postale utilizzando il mod. F23. La copia dell'attestato di versamento va poi consegnata entro 30 giorni dalla data del contratto (per gli immobili urbani) all'Ufficio locale dell'Agenzia delle Entrate insieme alla richiesta di registrazione compilata sull'apposito stampato in distribuzione presso l'Ufficio.
I codici tributo da utilizzare sono:
-107T (imposta registro contratto di locazione intero periodo);
-108T (imposta registro affitti fondi rustici);
-112T(imposta registro contratto di locazione annualità successive);
-114T(imposta registro per proroghe contratto di locazione);
-115T( imposta registro contratto di locazione prima annualità).
In caso di tardivo versamento la sanzione amministrativa prevista è pari al 30% dell'importo non versato.

Normativa di riferimento

- D.P.R. 26/4/1986, n. 131, art. 17;
- D.P.R. 26/4/86, n. 131, art. 5;
- D.Lgs 9/7/1997, n. 237, art. 4;
- L. 27.12.97, n. 449, art. 21;
- L. 21.11.2000 n. 342, art. 68


Note

- D. Lgs. 18/12/1997, n. 471, art. 13