domenica 27 febbraio 2011

CUD 2011

Scade domani 28.2.2011 il termine entro il quale i datori di lavoro e gli enti pensionistici devono consegnare il modello CUD 2011 - approvato con il Provvedimento Agenzia Entrate 17.1.2011 n. 169232 - a tutti coloro che hanno percepito nel periodo d'imposta 2010 redditi di lavoro dipendente, equiparati ed assimilati, di cui agli artt. 49 e 50 del TUIR.
Oltre a queste tipologie di reddito, nel modello CUD dovranno essere indicate le relative ritenute d'acconto operate e le detrazioni effettuate, nonché i dati previdenziali ed assistenziali relativi alla contribuzione versata o dovuta all'INPS, all'INPDAP e all'IPOST.
Modalità di consegna
Come disposto dall'art. 4 co. 6-quater del DPR 22.7.98, n. 322 il modello CUD deve essere consegnato in duplice copia entro il 28 febbraio dell'anno successivo a quello in cui sono stati conseguiti i redditi certificati, oppure entro 12 giorni dalla richiesta del dipendente in caso di cessazione del rapporto di lavoro. Vi è inoltre la possibilità, per il datore di lavoro, di trasmettere al dipendente il CUD in formato elettronico, a patto che il destinatario abbia gli strumenti necessari per ricevere e stampare il CUD rilasciato in via elettronica. In questo caso, il datore di lavoro ha il dovere di accertarsi che ciascun dipendente si trovi nelle condizioni di ricevere il modello in via elettronica, provvedendo, in caso contrario, alla consegna del documento in formato cartaceo.
Si precisa comunque che la consegna in forma cartacea è sempre obbligatoria quando i destinatari sono, ad esempio, gli eredi oppure il dipendente che ha cessato il rapporto di lavoro.
Contribuenti esonerati dalla presentazione della dichiarazione dei redditi
I contribuenti esonerati dalla presentazione della dichiarazione dei redditi possono scegliere, utilizzando l'apposita scheda allegata al modello medesimo, di destinare l'8 per mille dell'IRPEF allo Stato oppure a un'Istituzione religiosa e/o il 5 per mille della propria IRPEF ad associazioni di volontariato e non lucrative di utilità sociale, associazioni e fondazioni di promozione sociale, enti di ricerca scientifica, universitaria e sanitaria, Comuni e associazioni sportive dilettantistiche.
Principali novità
Tra le principali novità del modello, ricordiamo in sintesi:
- la detassazione dei premi di produttività come da ultimo prorogata dall'art. 1 co. 47 della L. 220/2010: a tal proposito, si evidenzia la presenza di nuovi campi nei quali indicare le somme erogate nel 2008, 2009 e 2010 ai fini della produttività e della redditività oppure per lavoro straordinario, assoggettabili a imposta sostitutiva ma sulle quali sia stato invece applicato il regime ordinario;
- l'indicazione delle somme percepite da docenti e ricercatori rientrati in Italia, che non hanno concorso a formare il reddito imponibile (ai sensi dell'art. 17 co. 1 del DL 185/2008, conv. L. 2/2009);
- l'applicazione dell'addizionale del 10% sui compensi erogati in forma di bonus e stock option che eccedono il triplo della parte fissa delle retribuzioni, per i dirigenti e gli amministratori del settore finanziario (ex art. 33 del DL 78/2010, conv. L. 122/2010);
- l'indicazione dell'importo dell'acconto addizionale comunale IRPEF certificato nel precedente CUD, ma non trattenuto a causa di eventi eccezionali;
- la ripresa degli adempimenti a seguito del sisma in Abruzzo;
- l'agevolazione IRPEF per i lavoratori del comparto sicurezza.

sabato 19 febbraio 2011

Richiesta di rimborso


Il contribuente che ha versato le imposte in misura maggiore a quanto dovuto ha diritto a essere rimborsato.
A seconda dei casi, i rimborsi possono essere richiesti con:
- la dichiarazione dei redditi
- specifica domanda
Rimborsi da dichiarazione
Utilizzando il modello 730 si può ottenere il rimborso direttamente dal datore di lavoro o ente pensionistico con la busta paga o la pensione.
Se, per qualunque motivo, il rimborso non viene effettuato, si può farne richiesta all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate del luogo di residenza. In questo caso, occorre allegare una certificazione con cui il datore di lavoro o l’ente pensionistico attesta di non aver eseguito il conguaglio e di non aver, quindi, rimborsato le imposte.
Quando si utilizza il modello Unico, il contribuente deve espressamente indicare nel quadro RX di voler ricevere il rimborso del credito. La scelta alternativa è quella del riporto del credito all’anno successivo o la sua compensazione con altri tributi da versare. Dopo gli opportuni controlli, la somma è rimborsata dall’Agenzia delle Entrate.
Rimborsi su istanza
Per tutte le altre ipotesi di versamenti non dovuti o eccedenti l’importo dovuto occorre presentare una domanda entro un determinato termine dal versamento, a pena di decadenza.
L’istanza di rimborso deve essere presentata, in carta semplice, all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente in base al domicilio fiscale del contribuente al momento della richiesta (o, per le imposte indirette, all’ufficio dove è stato registrato l’atto o la successione) e deve contenere i motivi in base ai quali si ritiene di aver diritto al rimborso. Alla domanda vanno allegate le distinte dei versamenti eseguiti o le certificazioni delle ritenute subite.
Possono verificarsi tre ipotesi:
1) La domanda è accolta
2) La domanda è respinta (in questo caso, il contribuente può presentare ricorso alla competente Commissione tributaria provinciale entro 60 giorni dalla notifica del provvedimento di rigetto)
3) L’ufficio non risponde (in questo caso, la domanda di rimborso deve ritenersi respinta, in quanto vige l’istituto del silenzio-rifiuto. Trascorsi almeno 90 giorni dalla presentazione della domanda ed entro il termine di prescrizione, ordinariamente decennale, l’interessato può ricorrere alla Commissione tributaria).
Come sono pagati i rimborsi?
L’Agenzia delle Entrate, una volta riconosciuto il diritto al rimborso, dispone la restituzione delle somme secondo le modalità indicate dal contribuente e in base all’importo da pagare.


domenica 13 febbraio 2011

Prima casa: basta l'istanza di trasferimento della residenza!


Ai fini dell’applicabilità dell’agevolazione prima casa è necessario, tra le altre condizioni, che l’acquirente risieda (o svolga la propria attività) nel Comune in cui si trova l’immobile agevolato o dichiari, in atto, di volervi trasferire la residenza entro 18 mesi dall’acquisto.
Sul requisito della “residenza” si sofferma la Corte di Cassazione nell’ordinanza 3507, depositata in cancelleria l’11 febbraio 2011.
L’ordinanza riprende alcuni orientamenti della giurisprudenza di legittimità relativi al requisito della residenza.

Si ricorda, in proposito, che la nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86, richiede (tra le altre condizioni per l’applicazione del beneficio fiscale) che l’immobile sia ubicato, alternativamente:
- nel territorio del Comune in cui l’acquirente ha la propria residenza;
- nel territorio del Comune in cui l’acquirente stabilirà la propria residenza entro diciotto mesi dall’acquisto;
- nel territorio del Comune in cui il contribuente svolge la propria attività, se diverso da quello in cui risiede;
- nel territorio del Comune in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui dipende l’acquirente che si sia trasferito all’estero per motivi di lavoro;
- in qualsiasi Comune sul territorio italiano, se l’acquirente è cittadino italiano emigrato all’estero.

Ai fini della verifica della sussistenza della condizione in commento, è indispensabile, pertanto, stabilire in quale momento un soggetto possa definirsi “residente” in un dato Comune.
In proposito, la giurisprudenza ha chiarito in più occasioni (da ultimo, si veda Cass. 18580/2010) che, ai fini di tale prova, non rileva il dato fattuale, ma è necessario fare riferimento al dato anagrafico.

Tuttavia, anche su quest’ultimo elemento possono sorgere dubbi. Infatti, ci si può chiedere se sia sufficiente che entro 18 mesi il contribuente abbia fatto richiesta al Comune per il cambio di residenza, o se sia indispensabile che la pratica per il cambio di residenza sia stata effettivamente portata a termine con successo. In proposito, l’Agenzia delle Entrate, nella circ. 12 agosto 2005 n. 38, ai fini della valutazione della sussistenza della condizione della residenza nel Comune in cui si trova l’immobile, chiarisce che il cambio di residenza si considera avvenuto nella stessa data in cui l’interessato rende al Comune la dichiarazione di trasferimento della residenza, ai sensi dell’art. 18 commi 1 e 2 del DPR 30 maggio 1989 n. 223. Tale indicazione, è stata precisata dalla giurisprudenza, la quale ha affermato che ai fini del godimento dell’agevolazione è sufficiente la presentazione dell’istanza di trasferimento della residenza, anche se essa non sortisce esito positivo (Cass. 1° luglio 2009 n. 15429), a meno che la domanda sia respinta ma non venga impugnata dal contribuente (Cass. 14399/2010).
Alcuni di questi princìpi vengono ripresi nell’ordinanza 3507/2011, la quale rigetta il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, che chiedeva di riconoscere l’avvenuta decadenza dall’agevolazione prima casa per il mancato trasferimento della residenza nel Comune. L’ordinanza condivide, infatti, le motivazioni della sentenza della Commissione Tributaria Regionale, riprendendo la giurisprudenza secondo cui il beneficio fiscale “spetta a coloro che, pur avendone fatto formale richiesta, al momento dell’acquisto dell’immobile non abbiano ancora ottenuto il trasferimento della residenza nel Comune in cui è situato l’immobile stesso”.

Dubbi, invece, sorgono in relazione all’affermazione, contenuta nell’ordinanza 3507/2011, secondo la quale il termine “valorizzato in ricorso” (ovvero il termine di 18 mesi per il trasferimento della residenza) avrebbe “carattere meramente sollecitatorio” e non natura perentoria, sicché al suo decorso non potrebbe ricondursi alcuna decadenza, la quale invece deriverebbe, secondo la Corte, solo dal decorso del termine triennale di cui all’art. 76 del DPR 131/86, termine che, inoltre, la Corte sembra far decorrere, nel caso in esame, dalla data di registrazione dell’atto.

L’affermazione stupisce per le seguenti ragioni:
- in primo luogo, per il fatto che la decadenza (in caso di mancato rispetto del termine di 18 mesi) è prevista dalla Nota II-bis, la quale la riconduce alla mendacità delle dichiarazioni da rendere in atto (tra le quali rientra anche quella relativa al trasferimento della residenza nei 18 mesi);
- in secondo luogo, per il fatto che il termine di tre anni venga computato dal momento della registrazione del contratto mentre, applicando i princìpi sanciti dalla Corte di Cassazione nella sentenza 1196/2000, trattandosi di ipotesi di “mendacio sopravvenuto” il termine di tre anni decorrerebbe in ogni caso solo dalla data in cui l’avveramento della condizione divenga impossibile (ovvero, nel caso di specie, proprio dal decorso dei 18 mesi previsti dalla legge per attuare il trasferimento della residenza).

sabato 5 febbraio 2011

Regime ordinario per i dividendi delle società agricole

Il regime fiscale per le società agricole delineato dalla Legge Finanziaria 2007 consente alle imprese collettive che operano nel settore primario di beneficiare di un trattamento fiscale di favore. Infatti le società di persone e quelle a responsabilità limitata che rivestono la qualifica di società agricole (art. 2 del DLgs. n. 99/2004) possano optare per l’imposizione del reddito su base catastale ex art. 32 del TUIR, ossia dichiarando il solo reddito fondiario degli immobili.
Il reddito derivante dall’esercizio delle attività agricole di cui al citato art. 32 ha comunque natura di reddito d’impresa, ma, in presenza dell’opzione, viene assunto in base alle tariffe catastali. Per tali società, quindi, il reddito imponibile può sostanzialmente coincidere con il reddito catastale.
Alla luce della disciplina di favore sopradescritta, ci si è chiesti cosa avviene quando si procede alla distribuzione degli utili prodotti dalle società agricole in argomento. Considerato che né il DM 2 aprile 2008 (contenente disposizioni relative alla tassazione dei dividendi) né il DM 27 settembre 2007 n. 213 (recante le modalità applicative per l’opzione per il regime di tassazione su base catastale) prevedono delle deroghe al regime ordinario di imposizione dei dividendi, pare logico ritenere che sia applicabile il regime ordinario di imposizione degli utili distribuiti dalle imprese.
Pertanto, per quanto concerne le società di persone, il reddito agrario ed eventualmente quello dominicale vengono imputati ai soci in proporzione alla loro quota di partecipazione e la successiva distribuzione degli utili ai soci non determina alcuna tassazione. Per le società a responsabilità limitata, invece, il dividendo distribuito:
- concorrere alla formazione del reddito complessivo dei soci nella misura del 49,7 (o 40%),in caso di partecipazioni qualificate;
- oppure diviene integralmente imponibile e assoggettato a ritenuta a titolo d’imposta del 12,50%, in caso di partecipazioni non qualificate.
Sempre muovendo dalle considerazioni testé riportate, nel caso in cui una srl che possiede la qualifica di società agricola opti per il regime della trasparenza fiscale ex art. 116 del TUIR, la società non tassa il reddito catastale, ma lo imputa direttamente ai soci, mentre tutte le somme distribuite a questi ultimi a titolo di dividendi non scontano alcuna imposta.
Per chiarire meglio quanto scritto si riporta un esempio: si supponga che una S.r.l. agricola opti per la tassazione dei redditi su base catastale ma non aderisca al regime di trasparenza di cui all'art.116 del TUIR, se ha prodotto esclusivamente un reddito su base catastale di 10.000 euro nel 2010, detta società sconterà l’IRES solo su tale importo indipendentemente dall’utile civilistico realizzato a fine esercizio, che potrebbe essere anche superiore (ad esempio, potrebbe ammontare a 40.000 euro).
Tale utile, in caso di distribuzione, concorrerà alla formazione del reddito dei soci che detengono delle partecipazioni qualificate per il 49,72%.