martedì 20 agosto 2013

Avviamento derivante da una precedente cessione d'azienda: sentenza della Cassazione del 3 luglio 2013



Con la sentenza n. 16684 depositata il 3 luglio 2013, la Corte di Cassazione ha legittimato la deducibilità delle quote di ammortamento dell’avviamento anche se, nel frattempo, la società accertata aveva proceduto a ritrasferire a terzi i beni acquisiti in forza di una precedente cessione d’azienda con una serie di contratti che, a loro volta, sono stati riqualificati come cessione d’azienda.
Nel caso giunto a sentenza, in particolare, la società A (ricorrente) aveva acquisito un’azienda industriale dalla società X, ed aveva successivamente effettuato una serie distinta di cessioni nei confronti della società Z (macchinari, attrezzature, magazzino, beni immateriali) che l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto essere una cessione d’aziendafrazionata”.
L’oggetto della controversia non è, come sarebbe lecito attendersi, l’accertamento del valore dell’avviamento della cessione d’azienda operata da A in favore di Z ai fini dell’imposta di registro, né l’eventuale rideterminazione della plusvalenza utilizzando anche per le imposte sui redditi i criteri di quantificazione dell’avviamento adottati in sede di accertamento per le imposte indirette, bensì la ripresa a tassazione della quota di ammortamento dell’avviamentoderivativo”, ovvero dell’avviamento pagato da A ad X in occasione della precedente cessione d’azienda, che la società A stessa aveva continuato ad ammortizzare.


giovedì 15 agosto 2013

I canoni non percepiti vanno dichiarati e tassati



La Cassazione, fornendo, con sentenza n. 11158/2013, un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 26 (ex 23), comma 1 del TUIR, nel solco del proprio prevalente indirizzo ispirato da una precedente pronuncia della Corte Costituzionale, ha riaffermato che la mancata percezione dei canoni, a causa della morosità del conduttore, non ne impedisce l’assoggettamento alle imposte sui redditi fintanto che non sia intervenuta la risoluzione del contratto di locazione. La decisione dei giudici di legittimità merita di essere segnalata perché consolida il proprio orientamento e rende tale principio “diritto vivente”.
Il comma 1 dell’art. 26 del TUIR stabilisce – come è noto – che i redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, salvo quanto previsto per l’imputazione del reddito agrario, per il periodo di imposta in cui si è verificato il possesso di terreni e/o fabbricati. I redditi derivanti da contratti di locazione di fabbricati abitativi, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore, mentre per le imposte versate sui canoni scaduti e non percepiti, come da accertamento avvenuto nell’ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità, è riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare.