martedì 3 dicembre 2013

Dal 1° gennaio stangata del 33% sui bolli dei conti deposito: come il correntista può difendersi?



La stangata del 33% dell'imposta di bollo sugli strumenti finanziari (dallo 0,15% allo 0,2%) ha passato la prima boa, quella del Senato, dribblando alcuni emendamenti di cui ha scritto Plus, l'inserto del Sole 24 Ore. Se anche nel passaggio alla Camera non ci saranno sorprese, dal 1° gennaio 2014 entrerà in vigore il rincaro di un terzo della "mini-patrimoniale", introdotta a suo tempo dal Governo Monti allo 0,1% (nel 2012) e poi aumentata allo 0,15% (nel 2013).
Ricordiamo che l'imposta di bollo comporta un prelievo minimo fisso di 34,20 euro annui per la persone fisiche, se la giacenza media annua del deposito è superiore a cinquemila euro. Chi ha una giacenza media inferiore è esente.

I conti deposito che "pagano" l'imposta di bollo continueranno a farlo?
La nuova imposta di bollo colpirà naturalmente anche i conti deposito, già penalizzati da una sensibile contrazione dei rendimenti. Per fortuna, alcuni istituti si fanno ancora carico dell'imposta: tra questi, ricordiamo Banca Ifis, Ibl Banca, Banco Popolare, Bccforweb, Mediocredito del Friuli, Banca Profilo. Ma cosa accadrà con la stangatina? Gli istituti continueranno a pagare o accadrà come nel 2012, quando l'introduzione della "mini patrimoniale" di Monti fece fare dietrofront a molte banche che in precedenza si accollavano l'imposta?

Come difendersi se la banca cambia condizioni
La banca, alla luce della stangata della legge di stabilità, ha tutto il diritto a cambiare le carte in tavola. Deve però comunicare al cliente la proposta unilaterale di modifica. A quel punto però il cliente, entro 60 giorni dalla ricezione di tale comunicazione, ha diritto di recedere dal contratto senza penalità e senza spese di chiusura ottenendo, in sede di liquidazione del rapporto, l'applicazione delle condizioni precedentemente praticate.

Cosa dice il Testo Unico
L'articolo 118 del Testo Unico Bancario (decreto legislativo 385/93), nel comma 2, spiega infatti che «qualunque modifica unilaterale delle condizioni contrattuali deve essere comunicata espressamente al cliente secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula: "Proposta di modifica unilaterale del contratto", con preavviso minimo di due mesi, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente. La modifica si intende approvata ove il cliente non receda, senza spese, dal contratto entro la data prevista per la sua applicazione. In tale caso, in sede di liquidazione del rapporto, il cliente ha diritto all'applicazione delle condizioni precedentemente praticate».

Fonte  "Il Sole 24 Ore (3/12/2013)"

Nessun commento:

Posta un commento